Influenza stagionale e influenza australiana: le differenze

Influenza stagionale e influenza australiana: le differenze
25 gennaio 2023

Influenza stagionale e influenza australiana: le differenze

La stagione influenzale sta mettendo a letto sempre più italiani. Il ceppo predominante è l'H3n2, la cosiddetta influenza australiana.

L'influenza australiana si manifesta con i sintomi più tipici dell’influenza, quali stanchezza, brividi, dolore alle ossa e ai muscoli, febbre che compare bruscamente, tosse, mal di gola, raffreddore, congiuntivite e mal di testa.

Ma quali sono le differenze tra influenza stagionale e influenza australiana?

Partiamo subito spiegando che l’influenza australiana altro non è che l’influenza stagionale. La denominazione “australiana” infatti indica la nota malattia stagionale che ciclicamente si manifesta prima in Australia e poi nei paesi europei.

Dunque ci stiamo riferendo alla contagiosa patologia delle vie respiratorie causata dai virus influenzali, e in Italia è prevalente nei mesi invernali e particolarmente freddi, spesso gennaio e febbraio.

Possiamo dire che il ceppo virale australiano è più virulento rispetto a quelli registrati negli anni passati e, a differenza di questi ultimi, che davano per lo più sintomi gastrointestinali, colpisce prevalentemente le vie respiratorie.

A questo si aggiunge un’alta contagiosità, dovuta a un mix di fattori. Molto ha influito la mancata circolazione dell’influenza nelle due passate stagioni. Generalmente chi è sano e ha un buon sistema immunitario contrae l’influenza ogni 5-6 anni, perché la protezione nei confronti dei virus di questo tipo cala più o meno dopo questo intervallo di tempo.

Il fatto che per due inverni di pandemia, distanziamento e mascherine ci abbiano evitato le infezioni, a dire di molti esperti, ha spianato la strada all’Australiana.

Ricordiamo, ad ogni modo, che nelle persone in buona salute è sufficiente una terapia basata su antifebbrili e antinfiammatori, in genere i sintomi si esauriscono in qualche giorno, non c’è da preoccuparsi. Inutile quindi la corsa all’antibiotico, che va preso solo se il sintomo persiste dopo cinque giorni, e solo dopo aver consultato il medico.

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